18 dicembre 2016 – domenica
Come previsto è stata una giornata pesante. In viaggio dalla mattina alle 7 alla sera alle 11. Un po’ perché i tempi sono questi e un po’ perché noi (io soprattutto) siamo un po’ ansiosi e previdenti sicché si arriva in aeroporto con largo anticipo e poi si prenotano le coincidenze con larghissimo margine perché non si sa mai. In effetti è capitato di correre forsennatamente tra un aereo e l’altro con il rischio di perderli con tutte le conseguenze del caso, e quindi meglio stare seduti per ore a fare Sudoku e Settimane Enigmistiche o girellare per i Duty Free.
Comunque i bagagli sono sempre miracolosamente comparsi sul nastro degli arrivi (sul nastro di Hobart a un certo punto compare tra i bagagli anche una bella fochina finta a naso in su!) e il nostro taxista ci ha consegnato sani e salvi all’hotel di Hobart.
Siamo proprio sul porto e nell’aria si respira il solito profumo di eucalipto.
Di uscire a vedere cosa c’è intorno non se ne parla. Stranamente io sono sveglissima e anche sugli aerei non ho chiuso occhio, quindi subito in branda con la speranza di dormire.
19 dicembre 2016 – lunedì
Caffettino veloce in camera e poi fuori alla scoperta di Hobart. Dobbiamo prenotare la macchina per i prossimi giorni e scopriamo che costa una fortuna, praticamente un prezzo triplicato rispetto a quello che abbiamo speso a Perth. Ci dicono che è a causa del periodo natalizio perché c’è molta richiesta, ma in realtà su quest’isola tutto è piuttosto caro.
Però è una bella macchinona familiare, ha il cambio automatico e i bagagli ci stanno comodissimi.
Prima di iniziare il giro in città ci facciamo una bella colazione con uova strapazzate in un baretto locale sulla Salamanca Place, una piazza dove nei prossimi giorni di fine anno succederà di tutto, dai festeggiamenti per l’anno nuovo a quelli per la regata Sydney-Hobart. Noi ci saremo!
Anche qui ci sono cantieri al lavoro e, soprattutto nella zona dal porto, l’urbanistica della città sta cambiando. Proprio mentre girelliamo al porto arriva una nave enorme, praticamente lo spazio di un isolato con tre condomini, che attracca in banchina e sbarca un fiume di turisti, per la maggior parte orientali, che invadono la città.
Percorriamo il cammino suggerito dalla Lonely Planet, niente di particolarmente interessante. La città in sé non ha nulla di particolare ma rimandiamo i giudizi a quando torneremo per fine anno dopo il giro dell’isola.
Cenetta in un locale storico sul porto: ostriche, scallops (che non sono le scaloppine come credevo tanti anni fa quando sono andata per la prima volta negli Stati Uniti e non le ho mai ordinate, perché in realtà dovrebbero scrivere “sea scallop” ma chissà perché non lo fa nessuno), e una specie di zuppa di pesce che ci giunge inaspettata perché dalla descrizione fantasiosa avevamo capito che tipi di pesce erano presenti nel piatto ma non come erano cucinati. Non male comunque, bello piccante come piace a noi.
Il tutto naturalmente “shareato” : un piatto di tutto diviso in due. E già è tanto.
20 dicembre 2016 – martedì
Si parte verso nord. Prima tappa Bicheno (si dice “bisceno”). E qui comincia la meraviglia.
Questa Tasmania è veramente wonderful. Il termine sembra scontato e banale ma da una come me che non usa volentieri i superlativi è da prendere in considerazione.
C’è una natura meravigliosa e incontaminata, è un paese più che civile e servitissimo e ancora NON E’ INVASO DAI TURISTI!!! A parte i cinesi, che ormai stanno invadendo il mondo, ci si sente soli e sperduti.
Le strade sono perfette e praticamente deserte con un panorama sempre fantastico. Se non fosse per il clima, che supera raramente i 22 gradi in piena estate, sarebbe il paese perfetto, per me naturalmente perché per molti credo vada più che bene questo clima freschino.
Alloggiamo in un complesso di casette fatte a capanna, Bicheno By the Bay, e la nostra capanna è davvero ben posizionata fronte scogli. Tutto molto spartano ma il posto è davvero eccezionale. Il proprietario ci informa che “no panic” se rientrando di notte incrociamo qualche pinguino: la sera salgono dal mare per rintanarsi durante la notte. In realtà non ci è capitato di incontrarli perché siamo sempre rincasati con la luce (viene buio dopo le 9 di sera e qui si cena alle 6 e mezzo) però siamo sicuri di averli sentiti. Se non erano pinguini erano comunque animali molto chiassosi.
Tutto il paese, poche case sparse lungo la strada per circa 3-4 chilometri, è percorribile con un sentiero lungo la costa ben segnalato anche nei punti dove per proseguire si è costretti a camminare sugli scogli. Piccole frecce bianche disegnate sulla roccia ti indicano i punti più agevoli e tutto diventa facile.
Verso sera, prima di cena, arriviamo fino ad una spiaggia con tanti surfisti che, come ci si aspetta dagli appassionati di questo sport, sfidano vento e acqua gelida per cavalcare le onde e poi escono dall’acqua tranquilli e noncuranti del freddo come fossero ai Caraibi.
In effetti nessuno è coperto come noi e forse facciamo un po’ ridere, ma io sto benone con felpa e antivento.
21 dicembre 2016 – mercoledì
Anche questa mattina approfittiamo della fornitura di sentieri messi a disposizione dal comune di Bicheno e ci facciamo una bella camminata a piedi fotografando qua e là questi paesaggi da cartolina.
Poi un pranzetto leggero a “casa” e via per la gita alla Wineglass Bay. Si entra in un parco riserva naturale, si parcheggia l’auto e poi si parte a piedi per un percorso dichiarato di circa 1 ora e mezza. Peccato che sia tutto in salita e con un finale di 300 scalini. Prima degli scalini ho mollato. Ho lasciato che Ago proseguisse da solo e io mi sono avviata tranquillamente sul sentiero del ritorno, questa volta ovviamente tutto in discesa e rilassante. Mi basteranno la foto e poi qui di baie bellissime ce n’è in abbondanza.
Abbondanza di baie e di cinesi: ma quanti sono? Tanti.
L’albergatore di Bicheno quando ieri abbiamo fatto il check in ci ha contato i bungalow occupati dai cinesi, praticamente l’80%.
Per la cena abbiamo prenotato nel miglior ristorante di pesce, forse anche l’unico se non si contano i bistro e i fish and chips. Però anche in questo il fish è concepito solo impanato e fritto. Meno male che prima ci siamo fatti le solite due ostrichette.
Siamo entusiasti di questa sosta a Bicheno, unica pecca la connessione wifi. E qui bisognerebbe aprire il capitolo sul perché ormai non si può più fare a meno di essere connessi. Ma penso che, o si dice subito a tutti “parto per tre mesi e ci risentiamo a fine marzo” altrimenti ci si sente in dovere di restare in contatto, perlomeno per quanto mi riguarda. Certo che ci si sente un po’ schiavi di questo pensiero e così se manca la connessione ci si incavola.
22 dicembre 2016 – giovedì
Questa mattina il vento si è calmato e riusciamo perfino a fare colazione sul nostro terrazzino con vista sul famoso Blowhole di Bicheno: un buco nello scoglio dal quale esce a spruzzo l’acqua del mare. Spettacolare quando c’è vento e il mare è mosso.
Si chiudono le borse e si riparte per Launceston. Mi ripeto: una strada meravigliosa. Una foresta di felci di tutte le dimensioni .
Facciamo una sosta alla Bay of Fires, quella che ho messo come immagine per questo capitolo. Una sabbia bianchissima e un mare trasparente stile Sardegna. Il tutto deserto tranne due o tre cinesi e una coppia (non cinese), non tanto più giovane di noi, che ci parcheggia a fianco e si avvia alla spiaggia con un grande borsone con dentro mute e maschere. Se le infilano ed entrano in acqua con grande dimestichezza. Io mi sono giusto tolta le scarpe per bagnare i piedi: freschina.
Riprendiamo la strada e arriviamo a Launceston in tempo per la cena, che qui può cominciare anche alle 5 e mezzo. Per essere precisi qui mangiano a tutte le ore, ma come spesso si vede al di fuori dell’Italia.
Siamo alloggiati un po’ fuori città in un’area residenziale con anche un campo da golf.
Vedremo come sfruttare la situazione.
Cena in uno dei locali messi a disposizione dalla struttura, scegliamo la pizzeria. Una volta tanto si può fare. Non male se si elimina la maionese spruzzata sopra a mo’ di decorazione.
23 dicembre 2016 – venerdì
Su una delle riviste mensili di golf avevamo visto che la Tasmania si sta attrezzando per diventare una meta ideale per questo sport e che erano stati creati due nuovi fantastici campi tipo links, i percorsi lungo le rive del mare, proprio a nord di Launceston.
Allora ieri sera abbiamo fatto un piano, anche su suggerimento della addetta alla reception che ci conferma la presenza di questi campi che definisce “molto popolari”, intendendo il termine popolare come “famoso”, e questa mattina si parte per Bridport ed il Barnbougle Dunes. Circa 90 chilometri di strada sempre bellissima e deserta.
A questo punto si gioca. Confesso che non mi sono mai sentita così privilegiata.
Il campo, magnifico e molto particolare, era deserto, tutto a nostra disposizione. Siamo forse i primi italiani ad aver messo piede su questo campo tanto decantato dalla rivista di golf e descritto come uno dei migliori al mondo. Costa un botto ma decidiamo di farci questo regalo.
Non è concesso l’uso del cart, solo a piedi per non rovinare il terreno, e così ci viene fornita una bellissima attrezzatura su un carrello con ruote enormi. Tutto nuovo e lucente.
Ma che bella giornata. Faccio anche più punti di Ago, cosa voglio di più.
Riprendiamo la strada per Launceston, che come ho detto è molto bella ma purtroppo seminata di animali morti, soprattutto cangurini che attraversano senza guardare. Deve succedere soprattutto di notte perché ci sono i cartelli che avvisano proprio di fare attenzione “dusk to down”.
Cena in un locale alla moda con carne locale, il Black Cow: una tartare speziata per antipasto e un bel filetto, compartito, per piatto principale. Per i prossimi giorni dieta vegetariana.
24 dicembre 2016 – sabato e vigilia di Natale
Errata corrige: non è vero che qui ci sono al massimo 22 gradi. Oggi fa un caldo eccezionale e sfioriamo i 33, anzi, salendo sull’auto lasciata al sole il termometro dice 40!!!
L’ho fotografato per la storia.
E’ sabato e facciamo come fossimo a Milano: mercato. Qui a Launceston c’è un mercato “popolare”, come il golf, proprio il sabato mattina: Harvest Market. Ci andiamo ben volentieri anche se questi non sanno cosa è un mercato tipo via Fauchè. Questo sembra un po’ quello che fanno una volta al mese alla Fabbrica del Vapore di via Procaccini a Milano. Banchetti con frutta e verdura locale, pane, formaggi, vini e tavoli per mangiare sul posto. Arrivando con l’auto ci fermiamo bordo strada per capire dove possiamo parcheggiare, con la cartina in mano, e una gentile signora si accosta per chiedere se abbiamo bisogno di aiuto. Saputo che il nostro problema è solo il parcheggio ci suggerisce di essere “sneaky” ed entrare in un cortile proprio di fronte a noi. Lo facciamo ma siamo un po’ preoccupati non sapendo bene cosa significhi “sneaky”. Poi la incontriamo al mercato e le chiediamo chiarimenti: capiamo che significa essere un po’ furbetti ma il cortile è quello dell’ufficio dove lei lavora ed essendo sabato è libero e poi abbiamo la sua benedizione!
Grandi questi Tassie. Sono più sneaky di noi italiani.
Dato che ci siamo approfittiamo per fare un po’ di spesa per domani, Natale, perché ci hanno avvisato che a Stanley, dove saremo, è tutto, ma proprio tutto, chiuso.
Carote, ravanelli, fave e mele. Più una bella pagnotta che ha un’aria molto invitante.
Facciamo anche un giretto in città ma oggi fa veramente caldo per passeggiare e non ci allunghiamo più di tanto. La particolarità di Launceston sono dei vecchi palazzetti di fine 800, in stile vittoriano, che oggi si alternano con bassi edifici commerciali o fabbriche di birra.
Rientriamo in albergo per riposare e fare il solito bucato che però questa volta è in uno spazio comune, non disponiamo di lavatrice e asciugatrice nel mini appartamento.
Alle 7 in punto cena della vigilia al ristorante del complesso Country Club. Gli uomini sono più che informali, uno anche in bermuda, mentre le signore sono tutte in tiro con abiti scollatissimi e tacchi a spillo. Il risultato è che Ago è l’uomo più elegante con camicia di lino bianca e pantaloni blu, io la più squinternata con camicia, pantaloni, mocassini e una bella sciarpona per ripararmi dall’aria condizionata. Siamo proprio di un’altra razza.
25 dicembre 2016 – domenica e Natale
Le cose non sono mai come uno se le aspetta. Partiamo per il nord verso il mare e io pensavo di percorrere le solite strade, magari ancora più deserte, invece oggi c’è un gran traffico e la strada è grande come un’autostrada. Per un bel tratto fino a Devonport , dove arrivano i traghetti da Melbourne, e poi anche un po’ oltre verso la nostra meta, la zona è decisamente meno selvaggia con campi coltivati e strutture industriali. Per fortuna a un certo punto la situazione si normalizza, nel senso che si ripresenta il paesaggio che mi aspettavo e quando arriviamo a destinazione capisco di aver raggiunto il massimo per il mio Natale ideale. C’è persino un po’ di nebbiolina, dovuta al caldo di questi giorni, e il paese è deserto tipo the day after.
Prima di arrivare qui, a Stanley, ci siamo fermati su una spiaggia con la solita sabbia bianca e un mare cristallino e azzurro dove un po’ di famigliole Tassie stavano facendo il picnic di Natale. Ci siamo seduti anche noi a mangiare una bella mela e un muffin al cioccolato. I festeggiamenti li abbiamo rimandati alla sera.
Siamo alloggiati in una guesthouse storica, come tante altre case è numerata e catalogata con i riferimenti della sua origine. C’è un bel portico dove possiamo sederci con quello che abbiamo previsto come menu di Natale: salmone, carote, ravanelli e fave con formaggio brie. Più, naturalmente, un bel brindisi con champagne.
BUON NATALE.
26 dicembre 2016 – lunedì e Boxing Day (il nostro Santo Stefano)
Questa mattina ci svegliamo con la pioggia! Troppo bello pensare che la Tasmania ci voglia regalare tutta la vacanza con il bel tempo o, quantomeno, con un tempo stabile. Il suo mestiere è quello di avere un tempo bizzarro, pare che possa nevicare anche in estate, e in effetti le stiamo provando tutte, spero ci risparmi la neve.
Allora ce la prendiamo comoda e quando usciamo già non piove più.
Stanley è ai piedi di un vulcano la cui cima si può raggiungere con una seggiovia, che però oggi è chiusa per via del Boxing Day, che è una festa tipicamente anglosassone, e così l’unico mezzo sarebbe quello di percorrere un sentiero terribilmente ripido. Ci provo ma proprio non ce la faccio: le salite non fanno per me e non ho voglia di rischiare. Già a molti, compreso il mio dottore, sembra troppo quello che sto facendo, quindi inutile aggiungere attività che in fondo non mi appassionano più di tanto, come le camminate in salita senza una sacca da golf da trascinare!
Comunque qui le camminate in piano non mancano e possiamo spaziare in lungo e in largo in paese, una sola via che si è un po’ ripopolata, su un sentiero che costeggia o sulla spiaggia quando la marea scende. Perché qui c’è il fenomeno della marea tipo Bretagna: al mattino l’acqua raggiunge gli scogli che delimitano il sentiero da percorrere lungo il mare, al pomeriggio fin verso le 6 l’acqua si ritira e scopre una spiaggia profonda quasi 100 metri! E quando la marea è bassa qualcuno entra addirittura con la macchina.
Le automobili locali meritano un accenno perché sono all’80% delle enormi jeep oppure quelle con il bagagliaio aperto. Il muso è magari affusolato e da berlina normale, poi ci possono essere 2 o 4 posti e poi un enorme bagagliaio aperto. Chissà cosa se ne fanno, perché sono macchine molto costose e vengono usate per girare normalmente anche in città. Per la spesa al supermercato mi pare esagerato.
Tra le cose da fare qui a Stanley c’è anche una strada panoramica da fare in auto. Decidiamo di farla naturalmente e così passiamo dall’albergo a prendere l’auto. Partiamo e dopo qualche centinaio di metri sentiamo un rumore strano. Mah, chissà cos’è?. Dopo un po’ Ago decide di fermarsi e fare un giro intorno alla macchina per vedere che sia tutto a posto. Tutto a posto. Ripartiamo. Ci stiamo avviando in salita verso la strada panoramica quando l’auto dietro a noi comincia a strombazzare, rallentiamo e lasciamo che si affianchino: you have a camera on the roof! Ecco cos’è che faceva rumore!
Qualche giovane, non ricordo chi, prima che partissimo ci ha detto: ma siete sicuri di non aver bisogno di un accompagnatore alla vostra età? Forse per il futuro dovremo pensarci.
Passiamo così la giornata e per sera ci rifacciamo del mancato pranzo natalizio prenotando in un ristorante locale famoso per il pesce. E’ in realtà una specie di industria dedicata al pesce: hanno pescherecci propri e vasche dove conservano le aragoste, vendono direttamente il pesce al dettaglio, lo cucinano per il take away e al piano superiore c’è il ristorante.
Un’aragosta squisita e qualche capasanta. E anche questo Natale è festeggiato.
Nel pomeriggio è anche tornato un bel sole che ci accompagna fino al tramonto.
27 dicembre 2016 – martedì (nessuna ricorrenza)
Sveglia presto perché ci aspetta un viaggetto di 250 chilometri e non sappiamo bene che strada troveremo dato che stiamo scendendo sulla costa ovest, la parte più selvaggia e incontaminata della Tasmania per via della conformazione geomorfologica e delle poco accoglienti condizioni meteo . La nostra meta, Strahan, è praticamente l’unico luogo abitato di tutta la costa occidentale.
Tanto per preoccuparci un po’ la nostra ospite di Stanley ci saluta con grandi raccomandazioni di prudenza perché pare che stia per scatenarsi un tempaccio con grandi piogge.
In realtà non abbiamo preso una goccia d’acqua per tutto il giorno anche se il cielo è rimasto sempre coperto e tormentato.
La strada è stata molto bella, verdeggiante e molto mossa sia come altitudine che per la quantità di curve, ma in alcuni tratti un po’ inquietante perché, per fare un esempio, può capitare che per 50-60 chilometri non si incontri neanche una macchina e poi quando ne incontri una può passare un’altra mezz’oretta prima di incontrarne un’altra. In effetti non è una zona molto frequentata essendoci un’unica meta.
Quando arriviamo però troviamo un piccolo paesino molto gradevole con un bel po’ di turisti. Un bel po’ di turisti qui sono poche centinaia. Le strutture sono pochissime ma tutte NO VACANCY. Bisogna considerare che per loro è come ferragosto per noi e poi ….. ci sono i cinesi! E, a dire la verità, anche qualche francese. Sono gli unici europei che abbiamo incontrato fino ad ora.
Anche qui girelliamo, poco perché qui sì che siamo veramente in culo al mondo e le strade percorribili sono pochissime e senza uscita. Al primo momento sembra che l’unica cosa possibile da fare sia una crociera lungo il fiume per arrivare all’oceano. Perché in realtà Strahan è in fondo a un grande e lungo golfo formato dal fiume Gordon. Purtroppo noi siamo arrivati nel primo pomeriggio, domattina dobbiamo già ripartire e la crociera, che parte al mattino, dura 5 ore. Quindi siamo venuti fin qui giusto per capire come è fatto l’ovest ma senza vedere l’oceano? Ma no! C’è una strada che arriva all’oceano e ci andiamo di corsa, 6 chilometri di sterrato ma sempre molto ben tenuto.
Bè, l’oceano è sempre affascinante. Ci fermiamo incantati ad ammirarlo per un po’.
Anche questa tappa ha avuto il suo perché.
28 dicembre 2016 – mercoledì
Si torna a Hobart. Noi prossimi giorni visiteremo anche le penisole a sud della città ma diciamo che a questo punto il giro della Tasmania è fatto. Proprio un bel giro.
La strada è lunghetta e, come sempre, piena di curve e dislivelli. Bisogna dire però che, malgrado la scarsa utenza, la manutenzione delle strade è perfetta. Sono spesso piuttosto strette ma in perfetto stato. Gli unici “ostacoli” continuano ad essere gli animali morti e gli uccellacci che ne fanno un banchetto.
Vediamo anche cartelli che informano di fare attenzione al “diavolo della Tasmania” ma in prevalenza le vittime sono gli wallaby (specie di piccoli canguri). Forse abbiamo visto anche un diavolo spiaccicato ma non ne siamo sicuri.
Il nostro albergo a Hobart questa volta è proprio in centro, in zona a traffico limitato, e dobbiamo districarci prima per arrivarci, prendendo tutti i sensi unici giusti, e poi per parcheggiare giusto il tempo per fare il check in e scaricare tutto il bagaglio che a questo punto non è più proprio in ordine e contenuto: con la macchina ci si lascia un po’ andare e poi abbiamo le scortine di alimenti e di acqua. Ce la facciamo e Ago va a parcheggiare nel parking convenzionato.
Non ci possiamo però rilassare immediatamente, come speravo, perché l’alloggio che ci hanno assegnato non è proprio quello che ci aspettavamo. Un po’ di lamentele, non capiamo se hanno fatto i furbi o c’è stato un vero “misunderstanding”, questa volta non avevamo prenotato con Booking ma direttamente in questa catena “Quest”, che avevamo già usato in Australia 3 anni fa e anche in questo viaggio a Perth.
Comunque tutto viene aggiustato con grandi scuse e alla fine ci si può rilassare.
Oggi ha piovuto insistentemente tutto il giorno. Non forte ma sempre. Il tergicristallo dell’auto non ha mai smesso di funzionare e anche questa sera il giretto al porto, per vedere quali barche della regata Sydney-Hobart sono già arrivare, ce lo facciamo con giacca a vento e cappuccio. Mi ci dovrò abituare.
Naturalmente ci sono in giro anche ragazze in pantaloncini corti e sandaletti come fossimo a ferragosto a Rimini, ma come ho già detto sono di una razza diversa.
Siamo stanchini e dopo il giretto di ricognizione ce ne torniamo in albergo: cenetta leggera e a nanna.
29 dicembre 2016 – giovedì
Facciamo un po’ tardino e così il programma di oggi sarà ridotto. Lo sarà anche per effetto del tempo, nebbia, che non aiuta quando si vogliono fare gite con lo scopo di vedere panorami.
Partiamo allora per visitare il Bonorong Wild Life, un parco con animali vari. Ci interessa soprattutto il famoso Diavolo della Tasmania. Un animale proprio brutto, un piccolo porcellino con il muso aguzzo e le orecchie rosse. Ringhia e si ciba di carogne. Farò rabbrividire gli animalisti ma proprio non capisco perché vogliono salvaguardarlo.
Per fortuna ci sono anche i koala che ci riconciliano con il mondo animale. Possiamo accarezzarli e sono veramente dei deliziosi peluche.
Vediamo anche tanti canguri, in particolare vediamo finalmente una mamma con il piccolo nel marsupio. Tra tutti quelli incontrati per strada 3 anni fa non ci era mai capitato. Quest’anno ne abbiamo visti pochi.
Sfidando il tempo scendiamo nella penisola a sud ovest di Hobart ma rientriamo prima del giro completo perché appunto non vale la pena. Ne approfittiamo però per entrare con i piedi calzati nell’acqua di mare per toglierci dalle suole tutto il fango puzzolente raccolto nel parco. I canguri non usano i bagni.
Rientriamo in città e facciamo un giro nella zona del porto dove sono in piena festa per la regata e per una manifestazione che copre tutto il periodo di fine anno. Incredibile la quantità di gente e di strutture allestite con banchetti che servono ogni tipo di cibo e bevande. Ci sono anche palchi con concerti dietro ogni angolo. E la birra scorre a fiumi.
Non rientriamo tardi e quindi non sappiamo che effetto produce tutta questa birra.
Quando siamo usciti a cena a Launceston, facendo tardi, era un venerdì sera e devo dire che nelle strade deserte i ragazzi schiamazzanti e sicuramente un po’ alticci non sono un bel vedere.
30 dicembre 2016 – venerdì
Ultimo giorno di noleggio auto. Decidiamo di scendere nella penisola a sud est e raggiungere Port Arthur, un sito storico con un antico penitenziario e tutte le strutture che lo circondavano, dalle case degli ufficiali, delle guardie, del governatore quando arrivava in visita, alla chiesa e i giardini molto ben curati dove passeggiavano le famiglie degli ufficiali.
Tutto è stato in buona parte distrutto da un paio di incendi verso fine ‘800 ed oggi è diventato un sito storico, si paga per entrare a visitare tutta l’area dell’antico villaggio. Nella visita è compreso anche il tragitto in battello per raggiungere due piccole isole nel golfo dove erano stati creati in una il riformatorio per i giovani detenuti e nell’atra il cimitero dove sono sepolti tutti i detenuti morti.
Non ci siamo addentrati molto nella visita, che può durare anche due giorni (tanto vale il biglietto). In realtà l’area è molto vasta e molti ne approfittano per passarci la giornata con picnic sui prati e pennichelle sotto gli alberi secolari. A noi è bastato avere un’idea e mi sono ripromessa di cercare la storia di questo posto e leggerla con calma.
La natura, le strade e le spiagge di queste penisole sono belle ma abbastanza ripetitive: una sequenza di insenature in golfi molto profondi che fanno pensare più ad un lago che al mare. Anche se la storia del penitenziario ne parla come di un luogo da cui era impossibile evadere per gli squali che infestavano le acque circostanti. Mi sono dimenticata di annotare che la penisola con Port Arthur è quasi un’isola collegata da uno strettissimo istmo che ai tempi del penitenziario era ovviamente supervigilato.
Ormai qui sono tutti in vacanza. Almeno questa è la sensazione vedendo la gran quantità di auto con roulotte, carrelli portabagagli o barche a rimorchio. Non esiste auto che non abbia un rimorchio. Il camper è molto meno usato che da noi, ne vediamo pochissimi.
Domattina riconsegnamo l’auto e ce la prenderemo comoda in città.
31 dicembre 2016 – sabato e fine anno
Un anno un po’ tormentato per la salute. Speriamo sia finita.
Ago consegna l’auto mentre io me la prendo comoda e comunque in questi giorni dobbiamo prendercela comoda. Vita di città con passeggiatine, relax, letture, scritture, selezione di foto scattate e sistemazione di tutte le carte raccolte qua e là.
Siamo in viaggio ormai da 21 giorni e un po’ di vita casalinga ci vuole. Per fortuna abbiamo una sistemazione comoda e accogliente.
La vita di Hobart in questi giorni è davvero intensa. A parte la regata, che ormai è finita e premiata, la manifestazione Taste of Tasmania e il mercato del sabato mattina in Salamanca Place richiamano un sacco di gente.
Non resistiamo all’offerta di cibo che si propone ad ogni banchetto e, a parte fragole, albicocche e ciliegie per la nostra cenetta di questa sera, ci facciamo tentare da un hot dog con cipolle arrostite e un’abbondante spruzzata di senape. Per gustarlo meglio ci sediamo alla storica birreria della piazza e ordiniamo due belle birre. L’hot dog è uno solo e lo dividiamo, le birre invece sono due.
E’ impossibile resistere perché tutti, ma proprio tutti, mangiano e bevono. La maggior parte lo fa mentre passeggia per il mercato con un’abilità che mi fa invidia: io mi sbrodolerei tutto addosso.
Sparsi per tutta la zona della manifestazione ci sono spettacoli con giocolieri, equilibristi e intrattenitori vari per i bambini. Sì, perché qui i bambini sono davvero tanti e protagonisti assoluti. Anche i neonati o piccolissimi vivono in pieno tutta la giornata con i genitori in giro per la città.
Tendoni per il trucco da dove escono tutti mascherati, lezioni di ballo, spazi con poltroncine a sacco dove si possono accomodare per ascoltare dei raccontatori di storie, tavoli per il disegno, altri per le composizioni con i lego, prati per giocare a hockey, altri per esercizi con cerchi, birilli e chi più ne ha più ne metta.
Poi naturalmente la grande offerta di cibo e bevande per i più grandi.
Tutto questo mondo assolutamente organizzato e gestito al meglio con guardie mediche che girano tra la gente e il “clean team” che circola con straccio e spruzzino a pulire di tutto, compresi i bidoni della spazzatura caso mai si sporcassero mentre la gente butta piatti e bicchieri sporchi.
Davvero un bel mondo.
Per tutto la giornata Ago ne approfitta per documentare con foto tutto questo e fare una rassegna della famiglia media: due o tre bambini, un papà generalmente bell’uomo, una mamma grassissima! Non sto esagerando, è davvero una triste realtà. Mi piacerebbe conoscere la statistica con l’incidenza delle malattie legate a questa obesità. Tra i vari banchi della manifestazione ce n’è uno che distribuisce gratis creme protettive per il sole, dando grande rilevanza al tumore della pelle. Io ne metterei uno che mette in guardia contro il fish and chips!
Terminiamo la giornata con una cenetta in casa e poi un ultimo bagno di folla per assistere ai festeggiamenti del passaggio d’anno con musica e fuochi artificiali.
BUON ANNO.
1 gennaio 2017 – domenica e capodanno
Iniziamo l’anno proprio pigramente. Ci svegliamo tardi, fuori il tempo è grigio e freddino: nessuna premura di uscire. Poi ci uniamo di nuovo alla folla di mangiatori e passeggiamo finché non siamo stanchi.
C’è un canale in televisione dove trasmettono sempre film, anche uno “stravacco” non guasta.
2 gennaio 2017 – lunedì
Per fortuna abbiamo deciso di fare il giro della città sul bus turistico. E’ una cosa che andrebbe fatta all’inizio quando si arriva in una città nuova ma, chissà perché, qui non ci pareva che valesse la pena. E invece abbiamo visto tanti quartieri sia lungo il mare che sulla collina che ci erano sfuggiti. Siamo stati presi dagli eventi lungo il porto e pensavamo che la vita fosse tutta lì. In effetti la vita è lì ma la gente abita altrove ed è importante capire come vive. Bè, direi che vive proprio bene. La posizione geografica della città aiuta con i golfi e le colline intorno e le case sono proprio carine. Anche qui i condomini sono rarissimi e la maggior parte vive in case unifamiliari.
Due punti che avevamo trascurato e che abbiamo scoperto con il bus: la storica fabbrica di birra Cascade, in collina verso la montagna, e l’orto botanico. Ricordarsi di prendere il bus il primo giorno per avere il tempo di tornare nei punti interessanti. Per esempio, una visita approfondita alla fabbrica di birra sarebbe stata interessante ma oggi non ne avremmo avuto il tempo.
Un appunto singolare, secondo me, è che durante la visita la guida parla di un piccolo parco in centro città descrivendolo come un luogo dove gli abitanti di Hobart si rifugiano per sfuggire allo “stress cittadino”, questi, con le loro quattro strade in croce del CBD (Central Business District) non hanno la minima idea di che cosa sia uno stress cittadino!
In effetti quello che colpisce su quest’isola, soprattutto in città perché nelle campagne è già più facile, è la serenità della gente, col il sorriso sempre pronto e la predisposizione a divertirsi. Poi basta vedere come sono informali in tutto, a partire dall’abbigliamento. Io credo che anche questo aiuti a non avere problemi.
E anche la Tasmania: fatto.
Domani si torna , non c’è il due senza il 3, per la terza volta in New Zealand.
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